Ci aiutano a ricordare il passato. Contribuiscono alla scelta del partner. Sono utilizzati per spingerei all'acquisto. Sveliamo i meccanismi di un fenomeno misterioso. Solo in apparenza
A cosa servono, davvero, gli odori? E una domanda che ci poniamo quando il nostro naso entra in contatto con qualche olezzo poco piacevole. Quando invece le nostre narici sono solleticate dal profumo di un fiore, del pane appena sfornato o del borotalco sul collo dei nostri bambini, la risposta arriva da sola: il profumo è piacevole, stimola il nostro appetito facendoci venire 1'acquolina in bocca, sembra perfino in grado - anche se non sappiamo perché - di regalarci emozioni tenere e affettuose. In realtà, le cose sono un po' più complicate di così.UN RUOLO CHIAVE
Gli odori hanno un loro ruolo: basti pensare che è soprattutto il naso a farci apprezzare ciò che mangiamo: ce ne rendiamo conto ogni volta che un raffreddore ci toglie la possibilità di gustare un buon pranzo, rendendo tutti uguali i sapori delle vivande. «Il gusto vero e proprio, che ha sede nelle papille gustative, riconosce solo i quattro sapori fondamentali - amaro, dolce, acido, salato - mentre è l'olfatto a regalarci le sfumature». E oggi sappiamo anche che quanti sono costretti a vivere per nascita o in seguito a un trauma senza questa facoltà apparentemente superflua, pagano questa privazione (ossia 1'anosmia, definizione scientifica della perdita completa dell' olfatto) con una «perdita di intensità emozionale» quando non con veri e propri disturbi dell'umore.
Noi - figli di una civiltà soprattutto visiva e uditiva - tendiamo a dimenticarci degli odori; e così la scienza, che per anni ha ignorato olfatto e profumi. Solo scrittori e poeti hanno continuato a ricordarci - come faceva Proust con le sue Madeleinettes - il valore di un profumo che ci riporta indietro nel tempo. Ma oggi la cenerentola dei sensi si sta prendendo la sua rivincita: i ricercatori americani hanno ribattezzato addirittura «effetto Proust» il fenomeno per cui un odore significativo può richiamare immagini e volti che credevamo dimenticati. E questa è solo una delle bizzarrie della memoria olfattiva. Sappiamo per esempio che è difficile «etichettare» un odore, anche se lo abbiamo sentito mille volte, se ci fanno annusare, per esempio, della lozione solare ci può succedere di non capire di cosa si tratti, anche se la percepiamo come un odore noto e familiare. La memoria olfattiva è governata da leggi proprie, diverse da quelle che regolano gli altri sensi.
Intanto, bisogna intendersi sui termini: possiamo riuscire a riconoscere o identificare un odore, ma rievocarlo è difficile, forse impossibile anche per i nasi più fini: «immaginiamo la tazzina di caffè fumante, sentiamo il rumore familiare della caffettiera che borbotta. Ma siamo davvero in grado di rappresentarci 1'odore del caffè, di sentirlo internamente? Di solito, no. In compenso, i ricordi relativi agli odori resistono indenni al passare del tempo, sepolti nella zona più antica del nostro cervello, e quindi immuni alle «distrazioni » che ci fanno dimenticare nomi e facce. Non abbiamo rappresentazioni mentali consapevoli degli odori. Per questo sono difficili da ricordare, ma anche da dimenticare , lo sa bene chi ha sviluppato, magari in seguito a un malessere, un' avversione per l'odore di un determinato alimento.
EPPURE NEI MODI DI DIRE...
Esperienze personali a parte, in fatto di odori abbiamo più o meno tutti gli stessi gusti. Siamo d'accordo, insomma, che le violette hanno un odore più gradevole delle uova marce, o almeno, questo vale per gli adulti, precisa lo psicologo, sotto i cinque anni, potremmo trovare gradevoli anche l'idrogeno solforato - che odora appunto di uova marce - o altri olezzi che farebbero storcere il naso a una persona più grande. Eppure anche se le nostre capacità olfattive sono inferiori a quelle di altri animali, l'olfatto ha nella nostra vita un peso maggiore di quello di cui ci rendiamo conto. Esperimenti classici dimostrano che una persona su tre è in grado di riconoscere un indumento indossato dal partner . Ma ad avere naso sono soprattutto le mamme, in grado di identificare dall'odore gli indumenti dei loro figli, mentre una ricerca realizzata al Monell Chemical Sciences Center di Philadelphia (Usa) mostra che molte donne sono in grado di distinguere l'odore del sudore di persone che hanno guardato un film divertente o un film da brivido.
La saggezza popolare lo sapeva già: non ci riferiamo forse all'importanza dell'olfatto, quando diciamo che una situazione «ci puzza », o che «a naso» una certa cosa non ci convince? Non c'è da stupirsi, dunque, che le imprese stiano cercando di sfruttare gli odori per i loro fini. Per esempio, cercando di produrre un profumo a base di feromoni, le sostanze chimiche emesse dal nostro corpo, non percepibili a livello cosciente, ma in grado di stimolare l'attrazione sessuale. Negli anni Settanta, in un esperimento rimasto famoso, Martha McClintock dell'università di Harward dimostrò che proprio grazie ai feromoni le ragazze che vivono insieme nei college sincronizzano involontariamente il proprio ciclo mestruale. Ma gli esperimenti che puntavano a sfruttare queste sostanze per aumentare le attrattive di un determinato soggetto non hanno dato risultati soddisfacenti. I trucchi del marketing il profumo ai feromoni quindi resta un falso, ma questo non significa che le industrie non siano in grado di «prenderci per il naso». «Qualche anno fa, un noto supermercato inglese diffuse attraverso l'impianto di aria condizionata un aroma di pane appena sformato, con l'obiettivo di attrarre i consumatori », spiega Neil Martin, neuropsicologo della Middlesex University (Inghilterra). Da quando lo psichiatra americano Alan Hirsch dopo aver osservato che i clienti di un grande casino di Las Vegas spendevano di più se 1'aria che respiravano profumava di fiori - ha inventato il marketing olfattivo, industrie e commercianti si sono adeguati: i venditori di auto spruzzano profumi che odorano di cuoio sui sedili delle auto, e alcune banche americane hanno distribuito banconote e libretti di assegni profumati alla rosa o alla violetta.
«Ma la domanda più interessante è un' altra», prosegue lo psicologo inglese. «Un odore può servire a trattenere più a lungo i consumatori in un negozio, metterli di buon umore e indurli a spendere di più? Ricerche sperimentali dimostrano che un negozio che ha un buon odore viene percepito dai consumatori come più gradevole e moderno, e che le merci appaiono più attraenti». Hanno ragione, dunque, i negozi che diffondono profumi tra i banchi, come ha fatto Woolworth che ha scelto il vin brùlé come profumo di ambiente per il periodo natalizio. Qualunque cosa può essere profumata per renderla più gradevole: «ma attenzione», avverte Martin, «in questo caso l'aroma deve essere "coerente" con l'immagine del prodotto: è stato verificato sperimentalmente che un detersivo per piatti al limone è giudicato più efficace di uno profumato al cocco, mentre una lozione solare che sa di cocco è considerata migliore di quella al limone».
Resta il fatto che gli odori sono la nuova frontiera della pubblicità. E c'è anche chi - per ora, solo negli Usa - sta pensando a campagne elettorali aromatizzate in cui il volto del candidato sia associato a un profumo che ne diventa in qualche modo il «segno distintivo». Ma per fortuna 1'olfatto può essere sfruttato anche per fini più nobili: come fanno quelle compagnie aeree che utilizzano il profumo di vaniglia per calmare i passeggeri più ansiosi. O come ha fatto la Lega del Filo d'Oro, l'associazione che si occupa del recupero di bambini sordociechi e che ha utilizzato, nella propria sede di Osimo, percorsi «olfattivi» per guidare i piccoli ospiti lungo i vialetti del giardino.