Il-Trafiletto
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29/08/14

Come fanno i raggi X a sfuggire a un buco nero?

Nulla può allontanarsi da un buco nero, compresi i raggi X. I raggi X ad alta energia collegati ai buchi neri non sono veramente emessi dal buco. 


In realtà il materiale nelle vicinanze di questi oggetti densi e compatti è sottoposto a forze gravitazionali estremamente elevate. La turbolenza e l'attrito che ne risultano riscaldano il materiale fino a milioni di gradi, dando luogo a fortissime emissioni di raggi X è impossibile osservare direttamente i buchi neri perché neppure la luce ne sfugge. Ma la radiazione ai raggi X è una prova convincente della loro esistenza perché niente altro crea delle quantità così immani di energia.
Raggi X: come fanno a sfuggire
ai buchi neri

Dal momento che le particelle cariche accelerate emettono radiazione elettromagnetica, diverrebbe possibile intercettare la presenza di un buco nero dalla radiazione emessa dal gas ionizzato in caduta verso la singolarità (prima che il gas abbia attraversato il raggio di Schwarzschild). Durante questo processo, il gas emette una grande quantità di energia, special modo sotto forma di raggi X (a temperature di alcuni milioni di gradi il gas emette radiazione nella banda X). Visto che la caduta di materiale nel buco nero succede raramente, la presenza di una potente sorgente a raggi X variabile, potrebbe celare un buco nero. La meccanica afferma, come nello spazio vuoto fluttuazione statistiche di energia generino la formazione di coppie particella-antiparticella virtuali; tale fenomeno appare pure nei paraggi dell’orizzonte degli eventi di un buco nero.

Accade qualche volta che una di queste due particelle, sia creata dentro l’orizzonte degli eventi mentre l’altra all'esterno di tale orizzonte: a questo punto quella che precipita nel buco nero diviene un’antiparticella reale e si annienta dentro il buco nero stesso, mentre l’altra si trasforma in una particella reale, sfuggendo al buco nero, assumendo la forma emessa dallo stesso (si ha un apparente fenomeno di emissione). Moderne e recenti teorie forniscono spiegazioni a tale fenomeno, come pure riguardo ai buchi neri vadano incontro ad una fine denominata “evaporazione”. Aumentando la massa la aumenta e quindi anche l’irraggiamento. Il tutto è un processo autoalimentante che porta il buco nero ad evaporare in un tempo caratteristico che è inferiore alla vita dell’universo solo per buchi neri di piccola massa. 

Si calcola che durante l'ultimo secondo della vita un buco nero, splenderebbe come una piccola stella emettendo l’ultimo guizzo di luce sotto forma di raggi gamma.(astrofiliasti.altervista.org)


04/06/14

Come la fisica quantistica spiega l'esistenza dell'anima

Sembra che la fisica quantistica possa dimostrare l'esistenza dell'anima quale struttura fondamentale dell'universo. Una teoria straordinaria sostiene che con la morte fisica le informazioni quantistiche che formano l'anima non siano distrutte, ma lascino il sistema nervoso che le ha contenute e ritornino all'universo.


Gli autori di questa teoria sono un medico e un fisico quantistico molto rinomato, rispettivamente l’americano dott. Stuart Hameroff e l’inglese Sir Roger Penrose. La teoria elaborata da questi due studiosi, "Teoria Quantistica della Coscienza" sostiene che le nostre anime sarebbero inserite all’interno di microstrutture chiamate “microtubuli”, contenute all’interno delle nostre cellule cerebrali. Tale idea ha il suo pilastro fondamentale nel considerare il nostro cervello come una sorta di “computer biologico”, equipaggiato con una rete di informazione sinaptica composta da più di 100 miliardi di neuroni .

In pratica la nostra esperienza di coscienza è il prodotto dell’interazione tra le informazioni quantiche e i microtubuli, un processo che questi due studiosi hanno denominato “Orch-OR” (Orchestrated Objective Reduction). Nel momento in cui avviene la morte corporea, i microtubuli perdono il loro stato quantico, ma le informazioni in essi contenute non vengono distrutte. Ovvero: l'anima non muore ma torna là da dove è venuta, cioè alla sorgente. “Quando il cuore smette di battere e il sangue non scorre più, i microtubuli smettono di funzionare perdendo il loro stato quantico”, spiega il dott. Hameroff, professore emerito presso il Dipartimento di Anestesiologia e Psicologia e direttore del Centro di Studi sulla Coscienza presso l’Università dell’Arizona.

Fisica quantistica della coscienza
immagine presa dal web
 All’interno dei microtubuli, l’informazione quantistica non va incontro a distruzione. Ne sono un esempio quei pazienti che  "tornano" a vivere dopo una breve esperienza di morte, l’informazione quantistica torna a legarsi ai microtubuli: ecco i famosi casi di premorte come dichiara Hameroff. La coscienza umana dunque, non finisce nell’interazione tra i neuroni del nostro cervello, ma è un informazione quantistica in grado di esistere al di fuori del corpo a tempo indeterminato. Si tratta dell' “anima”, come per millenni la hanno definita le religioni.

Questa rivoluzionaria teoria scientifica è molto affine alla concezione religiosa orientale dell’anima. Per il credo buddista e induista, l’anima è parte integrante dell’Universo ed esiste al di fuori del tempo e dello spazio. L’esperienza corporea (materiale, del corpo), non sarebbe altro che una fase dell’evoluzione spirituale della coscienza umana. Ma anche altre  religioni, quali l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam,  educano all’immortalità dell’anima. Ottimo terreno questo per un incontro e un raffronto tra religione e  scienza.
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