30/11/17

Smetto quando voglio: storia di precarietà cronica

Le cose belle prima o poi finiscono. Sono lì a ricordarci la caducità della vita, tanto breve quanto meravigliosa, ricca di opportunità e bivi da percorrere.

Più che citare il pendolo schopenhaueriano, però, vogliamo restare in territorio nostrano e prendere come esempio Ungaretti e le sue foglie d'autunno, noi, appesi all'esistenza in costante bilico nel vuoto, soprattutto le giovani generazioni di studenti e laureati che devono affrontare oggi quel mattatoio sociale ed emotivo che è divenuto il mondo del lavoro. Ecco, per questi e molti altri nelle stesse precarie condizioni, le cose belle forse finiranno sempre prima di quanto facessero per i loro genitori, ma se c'è una cosa da imparare da cult movie come Il Corvo è anche che "non può piovere per sempre", e in parte, come spinta psicologica a reagire, lo Smetto Quando Voglio di Sydney Sibilia voleva forse insegnare proprio questo; ad essere, cioè, il motore positivo della propria esistenza, a credere in un talento fin troppo bistrattato mettendolo al servizio delle proprie esigenze, per elevarsi in quanto persona, per togliere da sotto le scarpe un orgoglio per troppo tempo calpestato. Il fatto è che c'è una linea sottile che separa la voglia di riscatto dall'egomania, limite che i nostri cervelloni non hanno oltrepassato nei primi due riusciti capitoli della trilogia, che si conclude adesso con questo Ad Honorem, dove a trascendere la pazzia troveremo però una nemesi già introdotta in Masterclass che costringerà Pietro Zinni e compagni a contromosse decisive. https://cinema.everyeye.it/articoli/recensione-smetto-quando-voglio-ad-honorem-banda-per-sempre-36060.html

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