08/11/14

I laboratori e i loro frequentatori | L'Alchimia

..........alchimiste i cui sforzi non sono stati registrati dalla storia.[Qui]

I LABORATORI E I LORO FREQUENTATORI
Dipinti contemporanei mostrano spesso il laboratorio come un luogo affollato e ci si potrebbe sorprendere nel vedere il numero di lavoranti impegnati ad attizzare, pesare, versare, Non tutti gli alchimisti lavoravano in questo modo; l'impiego di assistenti , per un certo verso, contrario allo spirito dell'alchimia, che esige segretezza e coinvolgimento totale del praticante, piuttosto che la delega del lavoro. Comunque, le esigenze pratiche della fornace, il cui grado di calore doveva essere continuamente sorvegliato e mantenuto costante, e la sorveglianza dei calderoni per evitare che bollissero, rese in parecchi casi necessario tenere degli assistenti. Thomas Norton decretò che il numero ideale fosse di otto, ma gli alchimisti di condizioni economiche meno agiate potevano accontentarsi di quattro "due istituzionali e due che dormano o vadano in chiesa». Egli raccomandò anche all'alchimista di consultare Il proprio oroscopo, specialmente quello della sesta casa, per vedere quale fosse il modo migliore per avere a che fare con i propri servi.

L'athanor (fornace) sembra essere stata una costruzione indipendente, fatta di mattoni e alta circa quattro metri e mezzo, con una copertura conica in cima che poteva essere rimossa per permettere al recipiente di essere posto nella camera sopra il fuoco stesso. Siccome si utilizzavano recipienti di ceramica e di vetro uno dei problemi più grossi era che si rompevano, specialmente alle alte temperature. Thomas Charnock discute della difficoltà di ordinare i recipienti appropriati, e di illustrare al fabbricante di vetro o ceramica il modello preciso senza fargli capire che deve servire a scopi alchimistico. il suo consiglio è quello di dire al ceramista che gli strumenti richiesti servono a distillare acqua per la cura della cecità; la preparazione del tabernacolo (o supporto dell'alambicco) abbisogna della cooperazione di un saldatore, a cui si può dire che si tratta di una trappola per volpi! .. Charnock fa l'esperienza diretta di un disastro in laboratorio:
«Ti dirò una verità,
Quale grande catastrofe è successa al mio lavoro;
Era quasi mezzogiorno di Capodanno,
Il mio tabernacolo aveva preso fuoco, era distrutto:
In un'ora ero quasi riuscito ad aggiustare tutto,
E sentii d'un tratto odore di bruciato.
Corsi in fretta al mio lavoro,
E quando vi giunsi era tutto in fiamme:
Ne fui cosi spaventato che incominciai a barcollare,
Come se fossi stato trafitto al cuore da un pugnale;
Puoi biasimarmi? Non penso proprio, . .
Perché se almeno fossi stato ricco, avrei dato 100 marchi al Povero, per evitare che quel destino si abbattesse su di me.
Ero così ben avviato nel lavoro».

Esplosioni e avvelenamenti sono rischi tipici in un laboratorio di alchimista, perciò non c'è molto da meravigliarsi se la ricerca alchimistica veniva considerata pericolosa, e lo sforzo costante dedicatole poteva trasformarsi facilmente in una mania ossessionante. Bernardo di Treves e Godfrey Leporis (XIV sec.), per esempio, passarono dieci anni in esperimenti infruttuosi, usando più di duemila uova di gallina per un progetto. Bernardo desistette solo quando i vapori del vetriolo gli fecero perdere coscienza per quattordici mesi. Quando si riprese dovette vendere tutte le sue fortune per pagare i debiti, ma poi riprese la ricerca alchimistica.


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