08/10/14

L'albero del pane, straordinario nutrimento e guerriero contro le emissioni di CO2

Si favoleggia, secondo un'antica leggenda hawaiana che un dio di nome Ku riuscì a salvare la propria famiglia dalla carestia, seppellendosi e riemergendo dalla terra come albero del pane. Potrebbe essere di sicuro una speranza per le popolazioni che soffrono la fame, poichè questa pianta ha delle straordinarie qualità. L'Artocarpus altilis è originario della Nuova Guinea, e, ad oggi è diffuso in 90 Paesi sparsi particolarmente nelle aree tropicali e nelle isole meridionali dell’Oceano Pacifico.

Noto anche col nome di Ulu, l’albero del pane è stato coltivato sin da epoche remote in Polinesia, Melanesia e Micronesia, prima di far la sua comparsa ai Caraibi (precisamente in Giamaica), dove fu portato alla fine del XVIII secolo dal comandante del Bounty al fine di fornire cibo nutriente ed economico agli schiavi costretti a lavori massacranti. Da allora, l’Artocarpus (dal greco artos=pane e karpos=frutto) continua a fornire quei caratteristici frutti all’origine del suo nome, che costituiscono una parte fondamentale della dieta degli abitanti di tali aree.

Albero del pane
immagine presa dal web

Questo albero prolifico per decenni ha una resa per ettaro nettamente superiore a quella di riso, grano e mais, che tra l’altro sono colture annuali e richiedono un quantitativo di lavoro maggiore. Per capire la sacralità di questa pianta, basta considerare che una tradizione polinesiana vuole che se ne pianti una alla nascita di ogni bambino, al fine di garantirgli nutrimento per tutta la vita. D’altronde, un Artocarpus altilis maturo produce fino a mezza tonnellata di frutta l’anno, e un ettaro piantato ad una densità di 125 alberi può arrivare a rendere annualmente fino a 30mila Kg.

I suoi frutti della grandezza di un melone, dalla scorza verde e ruvida e dalla polpa bianca e farinosa, possono esser cotti, arrostiti in forno, fritti o seccati e si fanno apprezzare per il loro sapore simile a quello del pane o delle patate, poichè contengono fecola. Non solo sono economici e nutrienti, ma ricchi di carboidrati privi di glutine, hanno un alto valore energetico e contengono pochi grassi oltre a buoni quantitativi di potassio, calcio, magnesio, ferro, fibre e vitamine B1 e B3. Pensate, un solo frutto di 3 Kg riesce a fornire la porzione di carboidrati di un pasto per una famiglia di 5 persone e contiene una quantità di potassio pari a quella di 10 banane!
Le sue proteine possiedono più aminoacidi di quelle della soia, mentre alcune varietà di questa pianta sono ricche di antiossidanti e carotenoidi. Non si spreca nulla poichè  dai frutti si può anche ricavare una farina particolarmente adatta per la preparazione di dolci molto saporiti, quali i pancake.

Questa pianta può essere però sfruttata anche per svariati usi: i fiori maschili e i semi sono commestibili e ricchi di proteine; dalla scorza interna si ricavano fibre tessili; il legno può esser impiegato per la costruzione di case, mobili e piroghe; il lattice vischioso ha proprietà curative poiché antimicotico e astringente, mentre la bellezza del fogliame si presta a funzioni ornamentali.  Questa pianta straordinaria potrebbe svolgere oggi un ruolo fondamentale anche nel combattere la piaga della fame. Secondo il National Tropical Botanical Garden più dell’80% delle persone afflitte da questo problema vivono nelle regioni tropicali o subtropicali, ossia proprio in quelle aree che meglio si prestano alla coltivazione dell’albero del pane, una coltura che richiede poche cure e fornisce produzione per decenni. Alcune organizzazioni, come la Global Breadfruit e il Breadfruit Institute presso il National Tropical Botanical Garden, sono impegnate da tempo nel diffondere le varietà più adatte di questa pianta in tutti quei Paesi che sono maggiormente alle prese coi problemi della mancanza di cibo e sono costretti ad importare la maggior parte dei generi alimentari di cui necessitano.

Grazie al sistema della micropropagazione, che tramite la clonazione permette di ottenere una grande quantità di alberi spostando nei vari Paesi solo alcune cellule e non le radici, evitando così anche il rischio di trasportare batteri e microrganismi nocivi, il Breadfruit Insitute è riuscito a fornire ben 35mila piante a 26 Paesi tropicali, tra cui Haiti e Giamaica. Un risultato straordinario, ancora insufficiente però ad esaudire tutte le richieste pervenute. Nel corso di quest’anno, intanto, altri 5.000 Artocarpus altilis verranno piantati in Liberia, Ghana, Haiti e in America centrale, a testimonianza degli sforzi intrapresi da questo istituto hawaiano, profondamente convinto che i frutti di questa pianta possano fornire un contributo fondamentale nella lotta alla fame nel Mondo.

 Attualmente gli scienziati stanno cercando di capire quali varietà si adattino meglio a certi ambienti e climi tipici di quei Paesi dove regna l’insicurezza alimentare, e identificare le varietà dei frutti che garantiscano la miglior produzione e il maggior contenuto in proteine. Una varietà originaria delle Samoa denominata Mafa’ala, ad esempio, porta frutti per più tempo rispetto a quelle diffuse nei Caraibi, che limitano il periodo di fruttificazione all’arco temporale da luglio ad ottobre. Perfezionati i metodi di micropropagazione, i ricercatori cercheranno ora di diffondere il più possibile questa ed altre varietà del Pacifico che producono in differenti periodi dell’anno.

Tramite il ricorso al metodo di coltura dei tessuti, gli studiosi sono impegnati poi nel tentativo di creare varietà di alberi del pane resistenti alle malattie, che producano precocemente (a 2 anni di età invece che a 3) il quantitativo più alto di frutta. Il tutto per coronare un sogno: quello di tappezzare al più presto tutti i Caraibi con queste piante altamente economiche e produttive. Un’altra importante organizzazione impegnata nel combattere la fame nei Paesi tropicali è la Trees That Feed Foundation, che ad Haiti mira a fornire una corretta ed equilibrata alimentazione ad almeno 1.000 orfani al giorno, grazie proprio alle benefiche proprietà dei breadfruit. Più alberi del pane verranno piantati, più questi Paesi potranno fronteggiare il problema della denutrizione, riducendo al contempo le importazioni di generi alimentari che tanto pesano sulla bilancia commerciale. Una buona pratica che si tradurrà in notevoli benefici ambientali, poiché queste piante contribuiscono a ridurre gli effetti nocivi delle emissioni di CO2, permettono ottime produzioni senza dover aumentare gli spazi per l’agricoltura intensiva, ed infine non richiedono particolari cure, non necessitando perfino del’annuale aratura del terreno.

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