Certo non vi suonerà nuova la notizia che i governi e i paesi che hanno aderito alla Cdb non stanno facendo abbastanza per rallentare il tasso di perdita di habitat, ridurre l’inquinamento e fermare lo sfruttamento incontrollato delle risorse presenti nei mari e negli oceani. A quasi metà percorso dalla scadenza degli obiettivi (2011-2020) fissati in Giappone nel 2010 durante la decima conferenza della Cdb, la realtà sembra essere più dura del previsto. Dei 56 punti accettati dai paesi che hanno ratificato il Protocollo (noti come target di Aichi), solo cinque potrebbero essere rispettati, mentre 33 hanno fatto registrare progressi non sufficienti per onorare la scadenza del 2020.
Il rapporto è chiaro: “il rischio medio di estinzione di uccelli, mammiferi, anfibi e coralli non ha mostrato segnali di riduzione” mentre “il tasso di deforestazione, seppur in leggero calo, continua ad essere allarmante”. Il segretario esecutivo della Convenzione, Braulio Ferreira de Souza Dias conferma la preoccupazione sul fatto che gli stati non stiano facendo abbastanza: “Tutti gli indicatori suggeriscono che lo stato della biodiversità è in continuo peggioramento e ha bisogno di interventi urgenti”. Il Living planet report 2014 del Wwf contiene un dato che ha sconvolto biologi ed esperti in tutto il mondo: la fauna selvatica ha perso più di metà della sua ricchezza tra il 1970 e il 2010 a causa di inquinamento e distruzione degli habitat naturali. Un dato molto più alto, e quindi grave, di quanto si pensasse finora.
Ma non sono certo questi argomenti interessanti quanto le tette di qualche conduttrice televisiva vero?