03/09/14

Il genocidio degli Armeni raccontato in un film di Fatih Akin

Il genocidio degli armeni, argomento spinoso che colpisce, e non solo l’entità dei morti che comunque sono stati due milioni, ma l’ostinazione con la quale la Turchia ancora oggi, non vuole sentirne parlare. Hitler lo prendeva a canone del massacro che serbava in mente: "chi parla ancora oggi del genocidio degli armeni?". I responsabili sono rimasti pressoché impuniti, i manuali di storia hanno esitato a raccontare ed il governo turco lo nega esplicitamente ancor’oggi.


The Cut di Fatih Akin il regista tedesco di origine turca aveva vinto il premio speciale della giuria nel 2009 con la commedia "Soul Kitchen" e si era caparbiamente incagliato su questo progetto. ''Ci ho impiegato 7-8 anni, per poter realizzare la mia idea, e ho avuto anche minacce, ma sono insignificante di fronte a questo film sulla storia dell'umanità, che parla al cuore. Non ho avuto dubbi ad andare avanti perchè per l'arte e la verità vale la pena di morire'', dice con la passione cui ha abituato il suo pubblico sin dalla "Sposa turca". E' uno dei film più attesi della Mostra del cinema di Venezia quest'anno.

Con il passare del tempo il film è diventato un kolossal infinito, una storia di dimensioni bibliche e dall'esito non felicissimo. Il genocidio di un popolo, del popolo armeno, un viaggio incredibile dalla Turchia all'America del Nord passato per la Siria, il Libano e Cuba, per ritrovare la sua famiglia.
E' del grande regista americano Scorsese la dedica più preziosa ricevuta dal film, definito ''di intensità e bellezza grandiose'' ed è di un collaboratore storico di Scorsese, l'anziano Mardik Martin di origine armena (autore di Mean Streats, New New New York, Toro Scatenato) la co-sceneggiatura di the Cut.''Ho seguito le regole del film di genere - osserva Akin - per raccontare questa storia e provocare l'empatia verso questo eroe e arrivare ad un pubblico più vasto possibile''.

Fatih Akin e Tahar Rahim
Il protagonista Nazaret, Tahar Ramin (l'attore francese di origine algerina lanciato dal Profeta di Jacques Audiard), è un fabbro di un piccolo villaggio. Ha una moglie e due figlie gemelle, ha la croce cristiana tatuata sul braccio e una vita felice. Siamo nel 1915, scoppia la prima guerra mondiale e da quel momento la minoranza cristiana degli armeni è in pericolo in quello che è l'impero ottomano della mezzaluna islamica. Strappato alla famiglia, costretto a lavorare nel deserto, Nazaret è sempre sul rischio di morire, di percosse, di sete, di fame o di fatica. Lo tiene vivo la fede e il desiderio di ricongiungersi alla famiglia. La sua gente è sterminata, il campo profughi è un lazzaretto, i suoi parenti morti ma le due gemelle vive da qualche altra parte del mondo. Le cercherà letteralmente per mare e per terra dall'altra parte del globo fino a che non le troverà. , Nazaret perde la fede, si libera dei dogmi religiosi ma è guidato dalla speranza'', spiega Akin. Uno dei suoi attori, Simon Abkarian dice ''è il primo film sul genocidio armeno, un massacro che alcuni non vorrebbero neppure riconoscere. Ne sono felicissimo, spero sia l'inizio di una serie anche se la lobby del governo turco si opporra'''.

Chi erano gli armeni?:
Gli armeni erano stati i primi al mondo a dichiarare il Cristianesimo religione ufficiale del proprio Paese, nell’anno 301. Secondo la tradizione la fondazione della Chiesa armena viene fatta risalire a Taddeo e Bartolomeo (due apostoli di Gesù), ma fu solo all’inizio del IV secolo che San Gregorio Illuminatore battezzò il re armeno Tiridate III. Da allora il Cristianesimo è diventato il pilastro dell’identità armena. Religione e cultura furono i segni distintivi degli armeni, per secoli sotto dominazioni straniere. In ogni casa, anche la più povera, non mancano mai i libri e nelle biblioteche è possibile scovare antichi volumi a forma di bottiglia per nasconderli meglio dal furore distruttivo degli invasori e preservare la propria storia e il proprio futuro. Prima di convertirsi al Vangelo, Tiridate aveva fatto rinchiudere San Gregorio in un pozzo sul quale oggi sorge il monastero di Khor Virap, dal quale è possibile ammirare il Monte Ararat, simbolo dell’Armenia. Secondo la Bibbia fu proprio sulle alture dell’Ararat che l’arca di Noè si sarebbe fermata.

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