12/03/14

Chimica | Come riuscire a narrarne l'essenza di ciò che ne è "sostanza"!

Chimica: come riuscire a narrarne l'essenza di ciò che ne è "sostanza"!
Scriveva cosi Pietro De Angelis (1973), autore di un manuale di scrittura creativa, “Narrare significa raccontare un mondo attraverso una storia”.
Effettivamente appare inequivocabile tale definizione di concetto di narrazione, la differenza sottile che divide il raccontare e narrare, in particolar modo se con la nostra mente si va indietro nel passato, ed alle storie che si raccontavano per chetare le nostri notti insonni. Ma qual è la sottile differenza c’è tra raccontare una favola e la chimica?
Se facciamo fronte al dilemma dal punto di vista tecnico in senso lato del termine, verrebbe spontaneo dire nessuna.
L'arte di narrare la chimica e il resto
Infatti la differenza è talmente sottile ed impercettibile che per distinguerla bisogna capire bene cosa vuol dire effettivamente raccontare la chimica: significa raccontare una “storia” reale, veritiera sotto ogni punto di vista. Una storia fatta di persone in carne ed ossa come noi, mica di maghi, fattucchiere, fate, principesse e chissà cos'altro. Una storia di impegno e di fatica, di enormi sacrifici. Vuol dire raccontare la storia delle idee e anche quella di formule che sono belle ed eleganti al punto da far concorrenza alla opere d’arte. Raccontare la chimica evocando oggetti, laboratori, colori, odori e sapori, è invece narrare.
Ma chiunque si appresti a narrare la chimica, evoca un mondo che non ha nulla a che fare con il fantasy, ma forse per questo è molto più affascinante di una fiaba. Ma chi riesce a narrare bene la chimica? Colui che è un po’ scienziato e un po’ scrittore.
Il grande Robert Musil scriveva cosi: “Un uomo che vuole la verità, diventa scienziato; un uomo che vuol lasciare libero gioco alla sua soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio fra i due?”
La risposta a questa domanda si potrà forse avere oggi, mercoledì 12 marzo, durante il seminario “L'arte di narrare la chimica e il resto”, che si terrà presso il Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” in Viale del Risorgimento 4, a Bologna.
I relatori saranno per l'appunto Gianni Fochi (chimico e divulgatore), Marco Malvaldi (chimico e scrittore) e Marco Ciardi (storico della scienza), e di narrazione ne sanno certamente abbastanza. Se poi di tanto in tanto fate un salto in libreria li conoscerete già. Anzi, uno di loro, Malvaldi, lo si trova anche in edicola.

Messo da parte il mestiere di chimico, ha provato infatti a scrivere e gli è andata meglio che nella carriera universitaria, notoriamente simile al gioco del lotto. Dopo “La briscola in cinque” (2007), Malvaldi ha perseverato con “Il gioco delle tre carte” (2008) e con “Il re dei giochi” (2010), che insieme all’ultimo “La carta più alta” (2012) costituiscono la cosiddetta “trilogia del BarLume”, apparsa per l’editore Sellerio.
Ciardi, invece, ce l’ha fatta in Università. Insegna Storia della scienza e della tecnica a Bologna e il suo settore di indagine concerne principalmente la storia del pensiero scientifico moderno e contemporaneo. Ha scritto tanto, compresa la storia del mito di Atlantide, e il suo ultimo libro, “Terra. Storia di un'idea” è entrato nei primi 5 finalisti del Premio Galileo 2014 per la divulgazione scientifica.

Che cosa dire per concludere di Fochi, se non che, forse, è tra i migliori pubblicizzatori della chimica? Ha fatto ricerca chimica accademica e industriale, insegnato alla Normale di Pisa ed è autore di libri di testo e divulgativi, tradotti anche all’estero. Collabora dal 1988 con diversi giornali, e ora anche con UNO mattina. Avremo modo e tempo anche per parlare di Primo Levi. Lui affermò che lo scrittore può trarre dalla chimica attuale e quella del passato un immenso patrimonio di metafore che chi non ha frequentato un laboratorio o una fabbrica conosce solo in maniera superficiale. 
(Riprodotto in parte dall'articolo di M. Taddia pubblicato sul giornale online Galileo l'11/03/2014)
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