12/02/14

Storia dell'oro colato: Cera e lucidatura dei mobili


Quando spolverate i vostri mobili in legno usate forse prodotti a base di cera d'api? Direi che quasi tutti lo fanno, ricordo ancora molte pubblicità nelle quali si diceva che la cera d'api nutriva il legno. 
Encaustico” è il nome del prodotto che si ottiene sciogliendo la cera in un solvente: il migliore è la trementina. Poiché il solvente è infiammabile, occorre prestare grande attenzione e possibilmente usare un fornellino elettrico e non a fiamma. Si spezzettano con un coltello 120 gr. di cera d'api e si aggiungono 80 gr. di cera carnauba, una cera vegetale ricavata dalle foglie di una palma e che serve a dare una maggiore brillantezza. Vi si unisce, in un pentolino, 80 cl. di essenza di trementina. Si scalda a bagnomaria mescolando di tanto in tanto. E’ questo il momento in cui fare attenzione perché la trementina non prenda fuoco. Quando la cera è sciolta del tutto, si toglie dal fuoco e con molta attenzione (perché è calda e ustionante) si versa in vasetti di vetro, che vanno ermeticamente chiusi e conservati al buio. Le proporzioni (12% di cera, 8% di carnauba, 80% di essenza di trementina) possono variare soprattutto in relazione al tipo di legno che si deve lucidare: legni duri richiedono un prodotto più diluito, quelli teneri un prodotto più concentrato.
"Facciamo un gioco"  ( di Marco Accorti)
Proviamo a fare un gioco. Siamo alla fine del ’400, in Spagna, dopo cena. Su un tavolo di legno lucidato a cera, Cristoforo Colombo sciorina le sue mappe nautiche disegnate su carte e pergamene cerate, con inchiostri e pastelli ovviamente anch’essi a base cerosa. E’ buio; Cristoforo prende un candelabro di bronzo, fuso naturalmente a cera persa, e lo arma di candele. Il suo chiodo fisso, si sa, sono le Indie. Così comincia a far mente locale sul da farsi e appunta le sue idee su foglietti di carta che appiccica dappertutto con delle palline di cera. Le navi andranno calafatate bene con pece e cera (inceramenta navium), così come i barili per l’acqua da bere e le gomene; le vele dovranno essere di buona tela cerata per non inumidirsi troppo d’acqua, come ovviamente anche gli impermeabili della ciurma. Una volta si usava colare della cera fusa sul picciolo della frutta appena raccolta in modo che si conservasse a lungo e probabilmente anche Cristoforo avrà usato lo stesso metodo per preservare certe provviste. Indubbiamente ha pensato anche ad una scorta di bottiglie di quello buono, ovviamente ben chiuse con un sigillo ceroso. Naturalmente la farmacia della nave era sicuramente ben fornita di cerotti ed altre pozioni sempre a base di cera. Il giorno dopo, tutto in ghingheri, con le scarpe lustrate a puntino con una buona cera e con un foulardino tutto disegnini a batik -tecnica di colorazione a cera delle stoffe- lo troviamo da Isabella che si sta godendo un concertino d’archi, resi lustri e sonori da una particolare vernice a cera. La regale persona, dopo essersi fatta una ceretta e imbellettata di cerone, nella sala del trono con le pareti a encausto, quindi a cera, e sotto gli sfarzosi lampadari che riflettevano la luce di cento candele negli specchi istoriati (a proposito, anche l’incisione sul vetro, l’acidatura, non può fare a meno della cera), gli consegna il foglio di via, reso autentico dal reale sigillo in cera. Nessuno ci ha lasciato detto se Cristoforo le abbia anche fatto dono di un modellino in cera delle caravelle, ma è probabile che, prima di partire per le Indie, se non ha offerto un ex voto in cera a qualche santo protettore, almeno un cero glie l’ha certamente acceso! Potremmo continuare ancora viaggiando nel tempo e cambiando personaggi; è solo questione di fantasia. È un gioco, ma non si ha idea quanto aderente alla realtà. Se andassimo a frugare fra i registri delle spese delle chiese o di carico e scarico dei porti oppure a scartabellare la legislazione degli statuti comunali, ci renderemmo conto che il miele è una merce marginale, mentre la cera è sempre presente.
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