21/02/14

Continuano le polemiche sulla centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure.

Continuano le polemiche sulla centrale a carbone Tirreno Power di Vado Ligure.
A seguito l’apertura, qualche tempo fa, di alcune indagini per disastro ambientale e omicidio colposo, giungono le dichiarazioni del procuratore capo di Savona che conduce le inchieste, Francantonio Granero che riportano al centro del dibattito la centrale sudetta.

“Dal 2000 al 2007 sarebbe da attribuire alle emissioni della centrale 400 morti”, avrebbe dichiarato per l'appunto Granero, trascinando nello sgomento dell’azienda che ritiene come di parte le analisi effettuate dai consulenti per la procura, mettendo forti interrogativi riguardo il legame di casualità tra morti e inquinanti rilasciati dalla Tirreno Power. Momentaneamente il documento da cui si evincono le dichiarazioni del procuratore capo non è ancora stato reso pubblico, ma le accuse qui contenute sono pesanti.

In aggiunta ai decessi attribuibili alla centrale si fa cenno anche “ai 1.700 e i 2.000 ricoveri di adulti per malattie respiratorie e cardiovascolari e 450 bambini ricoverati per patologie respiratorie e attacchi d’asma tra il 2005 e il 2012”. Le zone interessate dai danni prodotti dalle emissioni e prese in esame dai consulenti per la procura, riguarderebbero Savona, Vado, Quiliano e Bergeggi ed anche Albisola e Varazze, le più colpite dall’attività della centrale.
Tirreno Power di Vado Ligure

I dati sulle vittime e i ricoveri, in base all'opnione dei consulenti, sarebbero stati legati direttamente alle emissioni della centrale e non ad altri fattori ambientali quali i fumi del porto, l’attività di altre aziende o il traffico automobilistico.

Alle accuse del procuratore capo, l’azienda risponde sostenendo che quanto riportato nel documento stilato dai consulenti non possa considerarsi un’analisi definitiva, quanto piuttosto una mera“ipotesi di parte”. Per la Tirreno Power oltretutto non appare ben chiaro il meccanismo impiegato per valutare l’esposizione agli inquinanti. “Tale mancanza di chiarezza”scrivono dall’azienda, “è accompagnata dall’assenza della doverosa analisi di robustezza, di sensitività e quindi di affidabilità globale del metodo adottato.

Anche per questo motivo non si può affermare in concreto alcun nesso di causalità” e ancora “Più in generale, la Società intende invitare a una maggiore e prudenza considerando la forte rilevanza anche emotiva che i temi trattati rivestono e che dovrebbero essere tuttavia sempre suffragati da fatti comprovati anziché da ipotesi di parte le cui fondamenta sono tutte da verificare”. Nell’indagine per disastro ambientale ricordiamo figurano i nomi di Giovanni Gosio, ex direttore generale e il direttore dello stabilimento Pasquale D’Elia.
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